Uno sguardo responsabile: don Milani

Un articolo da voceinmensa

“… reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi”.
Periodo forte… segno di una giusta rabbia, di indignazione… che a loro volta sono segno di responsabilità… ”I CARE”… un motto troppo citato dai politici di turno… simbolo dell’essere interessato a qualcosa ed essere disposto a pagare personalmente affinché questo qualcosa venga alla luce…
Si sarà sicuramente capito che stiamo parlando di Don Lorenzo Milani, testimone su cui abbiamo riflettuto oggi; di meno però si sarà notata la centralità dei verbi “essere” nell’ultima frase: infatti nel pensiero di Don Milani, l’azione, che certamente non manca, è il segno visibile di un modo di essere, che si incarna nella sfera pratica come sua naturale disposizione e fine. Don Lorenzo Milani, prete a volte scomodo, noto per la sua Scuola Popolare a Barbiana (sulla cui esperienza si pubblicherà un importante testo: “Lettera ad una professoressa”), pone al centro del suo discorso la Verità e le successive responsabilità umane nei confronti di essa.

Nella scuola, situata in questo luogo isolato negli appennini toscani, egli focalizza l’attenzione sull’importanza dell’educazione primaria, che dovrebbe tendere a dare parola, pensiero (anche politico) e dignità a quei ragazzi che soffrono di un divario enorme, proprio per la differenza linguistica, nei confronti dei ricchi e dei privilegiati. La scuola dovrebbe dare l’opportunità a questi giovani di una vita migliore (La scuola è sempre meglio della merda) non solo nell’aspetto economico, ma anche dal punto di vista morale. Lo scopo dell’istruzione, infatti, è fare dei ragazzi uomini che sappiano confrontarsi con il prossimo fraternamente, dividendo con lui i problemi quotidiani. Per raggiungere questo scopo e colmare questo forte divario, la Scuola Popolare diventa una scuola a tempo pieno (senza vacanze), in cui i ragazzi delle classi successive fanno da maestri ai più piccoli e in cui si dà molta importanza alla lettura di quotidiani e allo sviluppo di un autonomo pensiero personale.

Altro testo fondamentale per capire il pensiero di Don Lorenzo Milani è “L’obbedienza non è più una virtù” (da cui è tratto il periodo iniziale), lettera in risposta a un comunicato dei cappellani militari che tacciavano come insulto alla patria e segno di viltà la nascita del movimento non-violento e di obiezione di coscienza. Egli condanna fortemente la tesi dei cappellani in due aspetti: da uomo e maestro e da sacerdote. In primo luogo riprende la Storia e la Costituzione, dalla cui analisi fuoriesce che l’obbedienza, come nel caso del Nazismo, ha provocato tantissimi danni, ed è impossibile rifarsi a questa virtù per abbandonare le responsabilità personali. Come sacerdote, si rifa allo spirito evangelico e non-violento di Cristo e difende come uomini coerenti e nobili chi si oppone alla leva obbligatoria, chiamando in causa appunto il senso di responsabilità, che riesce a far sopportare anguste condizioni (in particolare in carcere) affinché l’idea pacifista venga alla luce, anche se si rischia di rendersi antipatici e odiosi come i profeti dell’antichità.

Questo perché la Verità è così giusta e importante per la Storia del mondo, che è impossibile, se ci interessa, non esser responsabile di essa… è come se Verità e Giustizia ci chiedessero di perdere tempo e lottare per loro; creare legami con loro; affinché diventiamo responsabili per sempre di ciò che abbiamo addomesticato…

Oreste