Due esempi politici: La Pira e Capitini

Un articolo di voceinmensa

Cos’è il municipio? Secondo la definizione classica, è un ente locale con autonomia amministrativa; c’è poi chi sostiene, come il nostro testimone Andrea, che è soltanto un puntino nero sulle cartine geografiche: simbolo quindi di una struttura particolare e limitata nello spazio. Ma nel genere umano c’è anche chi è convinto che il particolare sia la dimensione concreta entro la quale sentire a portata di mano e cercare di applicare idee e valori universali, in cui si crede fermamente.
Così è per il nostro Andrea e così fu per i due personaggi di cui abbiamo parlato in questi giorni: Giorgio La Pira e Aldo Capitini.

Il primo, giurista siciliano, cattolico praticante e terziario domenicano, nell’età fascista lottò contro il regime, per poi far parte della costituente nel 1946. Membro della DC, fu eletto deputato nel 1948, ma nel 1951 passò all’amministrazione locale, diventando sindaco di Firenze: ruolo che ricoprirà in due mandati fino al 1965. E’ proprio nella scelta di esser sindaco che La Pira combinò perfettamente i suoi valori di fratellanza universale tra i popoli alla realtà quotidiana; è proprio la Firenze del dopoguerra quel terreno in cui conciliare Storia e Profezia, e far germogliare virgulti di umanità nuova. In quegli anni in cui l’Italia era ancora una debole democrazia e il mondo era diviso in due blocchi contrapposti, La Pira iniziò incontri tra rappresentanti istituzionali di tutto il mondo, e in particolare del Mediterraneo; area in cui l’Italia, con quella costituzione fresca e piena di idee, non poteva rifiutarsi di farne parte e giocare un ruolo primario e fondamentale.

Economicamente e socialmente, La Pira, sindaco che rimpiansero persino gli avversari politici, si batté per importanti diritti: quello alla casa, con la costruzione di case popolari e quello al lavoro, con il caso emblematico della Pignone; gruppo industriale in crisi con la cui vicenda il sindaco fiorentino non esitò a opporsi a i suoi compagni di partito per salvare molti posti di lavoro. Inoltre si scagliò contro ogni tipo di guerra e per uno sviluppo equo del rapporto tra Nord e Sud del mondo; perché la pace, foce del fiume della Storia, fosse l’unica stella polare da seguire nello sviluppo dei popoli e perché ogni arma possa diventare aratro, senza distinzioni tra gli Stati circa le possibilità economiche di farlo.

Aldo Capitini, membro del CLN e della Costituente, fu il primo in Italia ad abbracciare la teoria non-violenta di Gandhi. Pacifismo e giustizia sociale furono anche per lui il centro della riflessione politica e filosofica. La pace, invocata dal Cristo e poi dall’assisano San Francesco, e valore alla base della Marcia della Pace da Perugia ad Assisi da lui creata nel lontano 1961, fu messa in relazione a una concezione della politica liberalsocialista: liberale perché permette uno sviluppo pacifico e completo dell’individuo e socialista perché prevede che il bene pubblico sia amministrato localmente dai cittadini stessi (a tal scopo instituì nel 1947 i COS – Centro Orientamento Sociale), che diventano fruitori e proprietari del bene comune, in una dimensione più equa e giusta. Entrambi questi uomini furono veri politici, in quanto professavano una vera e propria fede politica, legata concretamente alla realtà e al servizio verso gli altri; entrambi questi uomini, seppur cattolici, incarnarono valori laici di fratellanza, pace e sviluppo sociale; entrambi questi uomini seppero avere uno sguardo lungimirante e profetico con il mondo pur rimanendo nelle sue basi locali; entrambi questi uomini furono coerenti con le loro idee e lottarono per applicarle: un monito per i politicanti odierni??

Oreste