Una finestra sul mondo: il Bangladesh (Voce inmensa .3-18 marzo 2008)

Il Bangladesh è situato nella sezione nordorientale del subcontinente indiano, nell’Asia meridionale. Confina a ovest, a nord e a est con l’India, a sudest con il Myanmar e a sud si affaccia sul golfo del Bengala.

Il Bangladesh è terra di ricche e antiche civiltà. Essa si colloca nella parte orientale della regione del Bengala, che scoperte archeologiche piazzano come centro di una civiltà avanzata nel 500 A.C. Uno dei riferimenti più antichi lo si trova in certi testi greci del II-I sec. A.C. nei quali si menziona una terra chiamata Gangaridai. Questa parola sembra derivare da Gangahrd (Terra-con-il-Gange-nel-proprio-cuore) che potrebbe riferirsi all’area dell’odierno Bangladesh. L’attuale Bangladesh era una delle regioni più ricche del mondo prima dell’arrivo dei britannici, che ne hanno smantellato di proposito l’industria tessile; durante la colonizzazione inglese il Bangladesh era una regione del Pakistan che era parte di un unico dominio Inglese assieme all’India. Raggiunse l’indipendenza nel 1971 in seguito ad una serie di conflitti di carattere religioso legati al problema della partizione tra India e Pakistan avvenuta nel 15 Agosto 1947.

Attualmente, come forma di governo vige la democrazia parlamentare.

Nonostante negli ultimi anni si sia avuto stabilmente un tasso di crescita economica intorno al 5%, il Bangladesh vive ancora forti condizioni di povertà causata anche dall’alta concentrazione di abitanti e da una urbanizzazione brusca e in crescita costante.

Negli ultimi due anni le già gravi inondazioni stagionali si sono intensificate per l’aumento della piovosità e per la deforestazione, con dimensioni drammatiche nel 2004 e 2005 quando intere regioni sono rimaste senza acqua per oltre tre mesi aggravando una situazione generale già difficile.

In tempi normali, infatti, solo il 74% del Paese ha accesso all’acqua pulita, e solo la metà della popolazione ha la possibilità di utilizzare adeguate strutture sanitarie. Ad aggravare questa situazione, la malnutrizione ha caratteristiche acute o croniche in molte regioni del paese e colpisce,fin dalla nascita, il 30% dei bambini bengalesi.

Dei quasi 50 milioni di bambini dai 0 ai 14 anni, circa 30 milioni vivono in situazioni di povertà, senza la possibilità di accesso all’istruzione o alle cure mediche di base. Per le donne spesso il matrimonio è la sola fonte di sostentamento e il 58% si sposa tra i 16 ed i 18 anni. L’UNICEF in Bangladesh oltre ad agire n prima linea nelle emergenze causate dalle inondazioni, lavora anche sui programmi regolari di sviluppo con un’attenzione specifica all’importante problema del lavoro minorile. Il Bangladesh è una nazione etnicamente omogenea, dato che i bengalesi costituiscono il 98% della popolazione. Il restante 2% è costituito da circa 250.000 Bihari e da meno di un milione di persone appartenenti a gruppi tribali. Questi ultimi sono concentrati nella zona delle Chittagong Hills (a sud-est del paese) e lungo i confini del Bangladesh con l’India, in particolare nei distretti di Mymensingh, Sylhet e Rangpur. La religione principale è quella musulmana, professata dall’85% della popolazione. Il 12% dei bengalesi sono invece di religione indù mentre il restante 3% appartiene alle religioni cristiana (0,6%), buddista (2%) o animista (0,4%).

Fiera inmensa tra slum e teatro

Nonostante la pausa dei giornalisti della redazione di “voci inmensa”, non potevamo non raccontarvi e tenervi aggiornati sulle novità di “Fiera inmensa”.

Bene! la giorna di oggi è stata scandita da due momenti interessanti, partecipati e sentiti: la testimonianza e l’approfondimento sul tema delle povertà, delle baraccopoli e favelas (slum per il continente africano), lo spettacolo dal titolo: “Mercante in fiera” messo in scena dalla “compagnia delle onde”.

Nella prima attività si è avuta la possibilità di ascoltare le testimonianze di alcuni amici che hanno vissuto delle esperienze nelle baraccopoli di Nairobi e Rio de Janeiro. Un momento molto raccolto e attento che ha preceduto il servizio nella mensa. Dalle 20 alle 23 sono stati serviti circa 1000 pasti stabilendo uno dei punti massimi di accoglienza in queste sette edizioni.

Sempre grande allegria e fraternità durante la cena! Per fortuna questa sera la navetta Amaco ha funzionato bene e quindi i fratelli migranti non hanno avuto difficoltà a raggiungere il capannone di Stella cometa.

Dopo le 23, le attività si sono nuovamente spostate presso il capannone della “Centrale dell’arte”, dove si è tunuto lo spettacolo “Mercante in fiera”. Numeroso il pubblico presente. Non mi dilungo su una recensione ma faccio dei veri complimenti agli attori ed ai curatori dello spettacolo.

In questo momento sono a casa, con gli occhi che mi si chiudono. Nonostante questo, non potevo lasciare questo blog sprovvisto della cronaca della giornata di oggi, anzi di ieri.

Buonanotte per chi legge adesso, buongiorno per chi leggerà domattina!

Un volontario di “Fiera inmensa”

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Voci dai volontari

Anche quest’anno a rendere l’iniziativa più interessante, è il servizio offerto dai tanti volontari che in un modo o nell’altro cercano ogni anno di svolgere il loro compito con regolare impegno e passione, contribuendo alla buona riuscita di Fiera InMensa. Intervistando alcuni volontari si è riuscito a capire il valore del volontariato attraverso tanti punti di vista.
Fedele e Beatrice ci hanno raccontato la loro esperienza; appartengono all’associazione Agesci ed entrambi hanno affermato che “il servizio” li rende scout, poiché il loro motto è “estote parati” (sempre pronti).

Come sappiamo Fiera InMensa, già da due anni, viene svolto presso Stella Cometa, grazie anche al contributo di don Antonio, presidente di questo centro missionario e di accoglienza che mette a disposizione la struttura. Anche don Antonio come gli altri volontari è soddisfatto della sua scelta e soprattutto dell’organizzazione che quest’anno si è dimostrata più “efficiente”. Molti di loro parlano della solidarietà, dell’amore verso gli altri, della fratellanza che ci accomuna, ma in particolar modo, la giovane “scouta” dice che per lei Fiera InMensa diventa una crescita personale grazie al contatto con persone bisognose.

Impegnati in cucina sono Igor e Michele. Igor è in Italia dal 2001 e ha ricevuto una calorosa accoglienza in particolare dall’Arca di Noè; oggi sente il bisogno di aiutare il prossimo per offrire agli altri ciò che ha ricevuto appena venuto in Italia. Proprio per questo partecipa ogni anno a Fiera InMensa e, quando gli abbiamo chiesto che cosa riceve in cambio dal suo servizio, ha risposto con molta semplicità: “Tanti sorrisi!”.

Michele fa parte della Kasbah, un’associazione che si occupa da oltre 10 anni di ospitare profughi richiedenti asilo; ci parla della sua lunga esperienza che ha inizio nei primi anni della fondazione di Fiera InMensa.

Tra le tante associazioni che operano per l’organizzazione dell’iniziativa, è presente anche l’Azione Cattolica, di cui fa parte Giuseppe, educatore del gruppo Giovanissimi della parrocchia di S. Maria Madre della Chiesa. Aderisce all’iniziativa dal 2002; infatti, ci racconta, che incuriosito dalle parole di alcuni amici, decide di partecipare alla prima edizione che ha subito definito: “L’iniziativa di accoglienza più bella della città, senza esagerare…” continua col dire “…era la prova che tutte le persone fossero uguali e che potessero fare tante cose insieme senza difficoltà in modo da condividerle; quello che ricevo in cambio dal mio servizio è tantissimo: un arricchimento sia per quanto riguarda la conoscenza di altre culture sia per una crescita personale”.
Cristina e Francesca

I Nuovi luoghi dell’arte

Oggi pomeriggioa si è tenuta una mostra a cura della Centrale dell’Arte, un’associazione culturale no- profit appartenente al comitato “Fiera Inmensa”, impegnata nella diffusione dell’arte contemporanea. La mostra, chiamata “I luoghi dell’arte”, è dedicata alla riconversione degli spazi dismessi a fini socio-culturali, di cui la nascita della stessa Centrale dell’Arte ne è un esempio. Essa infatti ha sede nell’ex officina ferroviaria ed è simbolo di una riconversione non solo fisica ma concettuale: ciò che si riconverte è infatti il significato di sviluppo, visto non come l’aumento del consumismo spinto dalla sempre più frenetica attività delle multinazionali, ma come sviluppo e diffusione dell’arte, della cultura e dell’integrazione . Sulle problematiche dell’integrazione, infatti, è stata incentrata la presentazione del libro del giornalista Gabriele Dal Grande “Mamadou va a morire”, che racconta i viaggi clandestini dei migranti verso l’Europa e il loro soggiorno nei Centri di Permanenza Temporanea. L’attenzione è rivolta a quanti non ce la fanno e muoiono lungo le coste del Mediterraneo e nel deserto del Sahara di fronte all’indifferenza del mondo occidentale, a quanti sono vittime di violenze sessuali e fisiche in genere all’interno di quelle prigioni chiamate “Centri di accoglienza”. Alcuni racconti presenti nel libro di Dal Grande sono stati letti da tre ragazzi immigrati che da qualche tempo vivono a Cosenza, i quali ci hanno raccontato della sofferenza che sta dietro alle storie delle migliaia di persone che, come loro, hanno rischiato una vita fatta di guerre e di stenti per ricercarne una migliore.

Monica e Francesca

Una finestra sul mondo: il Tibet

“Mai più stragi, basta con le violenze, basta con l’odio”.
Risuonavano forti oggi le parole del Papa in Piazza San Pietro; erano riferite principalmente all’Iraq ma ci piace sperare, ed è sicuramente così, fossero rivolte a tutte le situazioni mondiali in cui l’essere umano si trova a vivere senza che i diritti fondamentali, assicurati in via teorica in tutto il globo, siano incarnati nella vita concreta.
Il Tibet affronta in questi giorni uno dei punti più bassi dei suoi rapporti politici con la Cina, che reprime violentemente da molto tempo la minoranza tibetana, che si oppone all’occupazione cinese che dura dal 1950, quando i maoisti entrarono a Lhasa, e ai tentativi del governo di imporre in quell’Himalaya arcaico e contadino la cultura imperante a Pechino e Shangai: una cultura esasperatamente “economica” e “moderna”.
Gli ultimi veri e propri scontri violenti risalgono al 1989, quando Hu Jintao non esitò a provare la repressione armata, proprio pochi mesi prima della strage di Piazza Tienanmen.
Dopo una fase senza violenza esplicita nei confronti della popolazione cinese, pochi giorni fa di nuovo i rapporti si incrinano: arrestati una cinquantina di monaci e repressa nel sangue una manifestazione pacifica di alcuni di essi contro l’occupazione cinese, provocando diverse vittime (per Radio Free Asia, emittente finanziata da Washington, i morti sarebbero solo due. Secondo l’agenzia di stampa ufficiale Nuova Cina molti poliziotti sarebbero rimasti gravemente feriti, e questo farebbe supporre l’uso della violenza da ambo i lati). Inoltre molte veicoli e mercati sono andati in fiamme e i soldati hanno circondato e chiuso tre monasteri.
Il Dalai Lama, in esilio in India, e il segretario generale dell’ONU Ban Ki-Moon, si rivolgono a tibetani e cinesi per interrompere la spirale di violenza; quasi tutti i governi occidentali si distaccano dalla linea politica cinese seguita in Tibet, ma nessuno blocca i rapporti commerciali, tanto ambiti in questa fase storica, con il gigante cinese; nessun governante rischia di parlare di diritti umani con lo stato più popoloso del mondo, evitando scontri ideologici (l’ideologia imperante oggi è quella del mercato) con quella che potrebbe essere la nuova superpotenza mondiale nel giro di pochi decenni.
Si alzano voci isolate per un probabile boicottaggio delle Olimpiadi da parte degli atleti occidentali, tesi che purtroppo anche il Dalai Lama rifiuta.
A pochi mesi dall’evento mondiale che dovrebbe incarnare i valori di libertà, rispetto e pace, la situazione è delicatissima: l’educazione in Cina crea falsi concetti secondo i quali il Tibet è sempre appartenuto alla Cina, inoltre il Tibet rappresenta una minoranza esigua della popolazione cinese… una strada in salita insomma… ma i Tibetani, arroccati sulle fortezze naturali delle loro montagne, a contatto con le altezze impervie dell’Himalaya, sanno guardare certamente al futuro con speranza, come se esso fosse una scalata a cui non rinunciare.

E alla società civile che resta da fare?
Spingere i governanti verso una politica più etica e meno di mercato, acquistare consapevolezza sulla questione tibetana e, perchè no, boicottare le Olimpiadi in Tv… tanto saranno ad orari impossibili!!

www.peacereporter.it
www.repubblica.it
www.corrieredellasera.it

Oreste

Voci dalla fiera

Come ogni anno ritorna la tanto attesa fiera di San
Giuseppe, durante la quale la città di Cosenza accoglie numerose persone
provenienti da varie parti del Mondo. Girando per la fiera, abbiamo avuto modo
di fare conoscenza di alcuni degli ambulanti che si sono dimostrati decisamente
disponibili.

Billy vive da un po’ di anni a Roma dove si trova a suo
agio, proprio come nella città di Cosenza, che ha definito “meravigliosa”, nel
momento in cui gli è stato illustrato ciò che Fiera in Mensa offre: un posto
per dormire e in particolar modo internet, attraverso il quale può contattare i
suoi cari. Proviene dal Senegal come Alex, Ibra e i suoi fratelli. Ognuno di
loro ha parlato del proprio paese come un luogo tranquillo dove si vive bene e
vi sono persone disponibili e gentili; per non parlare dei paesaggi che sono a
dir poco incantevoli. Sono entusiasti delle proprie origini e sentono la
mancanza dei luoghi di appartenenza e delle loro famiglie.

Alcuni hanno avanzato proposte come quella di Altamia che,
essendo molto stanco a causa del lavoro, vorrebbe portata la cena in fiera.

Nonostante gli aspetti negativi che noi possiamo
riscontrare nella nostra città, sicuramente, oggi, questi nuovi amici ci hanno
dato la testimonianza che, dal punto di vista dell’accoglienza, della
disponibilità, grazie anche all’iniziativa di Fiera in Mensa in questi giorni,
Cosenza ha una marcia in più e, come ha esclamato Billy: “Cosenza è un vero
paradiso!!!”.

Francesca, Veronica e
Cristina


Njera alla ricerca di credito: il meccanismo del microcredito

Oggi pomeriggio in una saletta della sede di Stella Cometa
è stato proposto ai volontari della parrocchia di San Nicola, che stasera
serviranno alla mensa, un gioco di ruolo dal nome “Njeri, alla ricerca di un
credito”. Tale attività, proposta dai componenti della libera associazione di
idee, consiste nella rappresentazione di una situazione in cui la protagonista,
Njeri, impersonata da una volontaria dell’associazione, si rivolge a due banche
ed ad una Ong (Organizzazione Non Governativa), rappresentate dai volontari
divisi in tre gruppi, per ricevere un prestito.

Al termine del gioco è stato spiegato ai ragazzi di San
Nicola lo scopo dell’attività, volta a far conoscere e spiegare l’importanza
del microcredito, una forma di finanziamento per coloro che non hanno risorse
economiche e non possono assicurare grandi garanzie. Il microcredito permette
alle persone meno abbienti di poter aprire attività economiche, dalle quali si
possono trarre profitti per mantenerle e saldare il debito con il creditore.
L’attività proposta questo pomeriggio rientra nel programma culturale di ”Fiera
in Mensa”, che coinvolgerà anche gli altri partecipanti all’intera iniziativa.
In particolare quella di oggi è importante dal punto di vista educativo perché
funge da spiegazione dei meccanismi del commercio internazionale.

Concludiamo con le impressioni di una volontaria: “Questo
gioco è stato molto positivo, personalmente non conoscevo il microcredito e
penso che sia un’iniziativa interessante e positiva per aiutare i più poveri”.

www.altreconomia.it

Antonio

Una finestra sul mondo: il Senegal

Situata nell’Africa centrale, la repubblica del Senegal
confina a nord con la Mauritania, a sud con Guinea e
Guinea-Bissau, a est con il Mali e a ovest con l’Oceano Atlantico. Il Senegal
inoltre circonda quasi completamente il Gambia, che lo separa dalla regione del
Casamance.

È stato
parte dell’Impero del Ghana, successivamente del regno Djolof e diventa colonia
francese dalla fine dell’800, rimanendo in questo stato fino al 1960.
Nonostante la legalizzazione nel 1974 dei partiti di opposizione, il primo
presidente Senghor rimane al governo per un ventennio e gli succede nel 1980
Diouf. Durante il suo governo il Senegal affronta cambiamenti politici (unione
con il Gambia, guerra in Mauritania e in Casamance), difficoltà economiche
(svalutazione del franco) e scontri sociali (proteste che portarono all’arresto
del leader d’opposizione Wade). Wade vince comunque le elezioni nel 2000:
approva una costituzione che riduce il mandato presidenziale
a 5 anni e firma la pace tra governo e ribelli del Casamance. Nonostante queste
segni di apertura democratica, Wade continua in politica interna una linea autoritaria, arrestando leader d’opposizione. Il Senegal tuttavia è considerato tra i paesi più democratici d’Africa, la stampa è libera e la coscienza sociale è matura circa le libertà di stampa e di opinione.

L’economia senegalese ha una crescita media
annua del 6% ed è legata soprattutto alle esportazioni di arachidi. La crescita
economica non ha però prodotto miglioramenti nel tenore di vita della
popolazione: infatti più della metà di questa vive ancora sotto la soglia della
povertà, il livello di alfabetizzazione rimane basso e il tasso di epidemie,
soprattutto colera, elevato. Il Senegal è tra i 20 peggiori paesi secondo
l’indice di sviluppo umano.

La capitale è Dakar, la popolazione di 10
milioni circa e la lingua ufficiale il francese. Le religioni praticate sono
quella musulmana, cattolica e animista.

Scheda tratta da: www.peacereporter.net

Oreste