Un articolo di voce in mensa
E’ in un magnifico ambiente musicale, anche se non so se devo dire internazionale o multinazionale, comunque in un ambiente composto da una pluralità di musicisti di orizzonti diversi: un ecuadoriano alla chitarra, due marocchini ai tamburi e un senegalese con un piccolo Jembe formano il gruppo che ha rapito il pubblico eteroclite di italiani, etiopici, sudanesi, brasiliani; dai volontari cominciando e ai commercianti, allievi e studenti universitari finendo. Così è finita la serata di Fiera in mensa del martedì.
Nell’arco di due, tre ore lo spazio del ex stazione ferroviaria, dové adesso si trova il locale di MOCI, si è trasformato in un bel guazzabuglio nel senso buono, si parla pashtu o portoghese, arabo o wolof, francese o il cosentino, si ride e si scherza, un universo fantastico colmo di immagini, di colori, di odori e di suoni; perché si ascolta la musica, si visita una mostra, l’esposizione sud sud slum slum, si assaggia il cibo diverso (quello di ieri era cinese dopo la succulenta cena africana preparata dell’associazione Calafrica domenica sera).
Qui si scopre che colui che non vede come gli altri, forse vede altrove. Un piacere incondizionato ad accogliere immigrati, offrirli da mangiare, da bere; il sorriso di Gianfranco che li accompagna nel locale dove per ognuno c’è un piatto caldo e un posto letto. E poi, parlando con Alioune – la testa nascosta in un pesante e multicolore cappello di lana, nella bocca mastica la mela offerta dagli scouts della chiesa di piazza loretto e mi dice balbettando in woloff (lingua parlata in Senegal) “ñi ñoy gor”, tradotto letteralmente significa “ che nobile è la gente a Cosenza”.
Bubiciccina